sabato 27 agosto 2011

Rifugio Quintino Sella 3585 m, Monte Rosa.

Una nuova gita, propostami già da un bel po’ da Ezio, sapendo che non soffro di vertigini, a differenza sua, voleva portarmi qui, primo perchè è un posto meraviglioso con una vista mozzafiato sul gruppo del Monte Rosa e secondo perchè è il rifugio più in alto in Italia dove, per arrivarci non si cammina su ghiacciaio, per ora non sono ancora riuscita a vincere il timore per i ghiacciai.
Mai vetta fu più sofferta a cominciare dalla sveglia, è impostata per suonare alle 5.45 a.m.…impostata bene, peccato che io l’ho spenta tre volte, risultato???Immaginate  mangiare la fetta di pane tostato mettendosi una maglietta…in ogni caso i nostri dieci minuti di ritardo li abbiamo già guadagnati, poveretta Sara, ha dovuto aspettarci.
Arriviamo a Pont  con mezz’ora di anticipo sulla tabella di marcia, ma non ci perdiamo d’animo, facciamo una seconda colazione in un bar, ottima direi, davvero buona, e lì mi viene da dire, lo vedi che un piccolo intoppo non rovina la giornata? Comunque avendo avuto così tanto anticipo aspettiamo Ezio che, ha fame, per cui ritorniamo felici al bar, colazione per lui caffè per noi, più che un giro in montagna sembra un pellegrinaggio al cappuccino!
Prendiamo coraggio e ci avviciniamo al punto  di partenza della seggiovia, Staffal 1823 m. Lì mi accorgo che nella fretta di partire mi son dimenticata le solette degli scarponi a casa, paura e panico, non possiamo tornare indietro son più di 100km, Nico mi cede quelli delle sue scarpe, anima buona e dolce il mio tesoro e così cominciamo l’ascesa. Lui è il cane del locale sportivo poco sotto le seggiovie che prenderemo:

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lo so che non c’entra nulla ma era bello pacifico e morbido, come al solito non ho resistito al fascino canino e l’ho accarezzato.
E ora, seggiovia, ma ricapitoliamo, Ezio soffre di vertigini, Sara soffre di vertigini, io non amo il vuoto e Nico non ha problemi, vi lascio immaginare l’aria che tirava in quella cabina…l’ansia era dura come un muro di cemento armato, fortunatamente nel tratto in salita non ci sono mai stati fermi per problemi, in ogni caso è stata lunghissimo il tratto, tanto che per percorrerlo a piedi ci sarebbero volute  due ore a piedi.
Infatti con la seggiovia arriviamo fino al Colle di Bettaforca 2672 m dove prendiamo il sentiero numero 9 per il rifugio, segnalatissimo, davvero è impensabile perdere questo sentiero.
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Si inerpica fino a 3585 m, la nostra meta, la danno per 3 h e 30 minuti, si cammina per il primo tratto su pietre abbastanza instabili (detriti del ghiacciaio) e poi si incomincia con un sentiero un po’ più esposto in cui sono state messe staffe di ferro, corde e catene per agevolare l’ascesa, non sono mancati incontri con guide i cui clienti erano legati.
Sicuramente è un ‘ascesa impegnativa ma non pericolosa.

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Abbiamo avuto molta fortuna col meteo è stata una giornata meravigliosa, al nostro arrivo ci siamo concessi queste:
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ovviamente pranzando!
Questa panoramica è per gentile concessione di Ezio, io ho scoperto che Eve non ha la funzione panoramica, sob.
Questa volta ho fatto poche foto, ma sul sentiero eravamo proprio tanti e non sempre era possibile fermarsi per documentare il nostro passaggio.
Monte Rosa
Un ringraziamento speciale a Ezio, nonostante le vertigini davvero forti è venuto lo stesso,è stato un bellissimo regalo di compleanno, grazie  Sara a cui avevo detto che saremmo andati in un rifugio del Monte Rosa senza specificare minimamente in quale, so però che le è piaciuto molto e grazie a Nico, senza i suoi plantari avrei patito le pene dell’inferno.

giovedì 25 agosto 2011

Marmellata di pesche bianche e cannella.

Buongiorno mondo, sono viva, come ogni estate cerco di disintossicarmi dallo schermo e dalla tecnologia in generale, ma vedo che il blog ne sta risentendo non poco e mi spiace, per cui riprendo a scrivere.
Oggi  la temperatura è di 29 °c , ieri di più, ma la cosa meravigliosa è che l’umidità è al 50% e c’è un bel venticello, per cui sono tranquilla in salotto con l’aria tiepida che mi passa sulle spalle, una meraviglia.
Ovviamente la marmellata risale a qualche giorno fa, quando i gradi erano i medesimi ma di vento nemmeno l’ombra…proprio non capisco, a volte mi metto a fare delle cose assurde in dei periodi torridi in cui il solo pensarle dovrebbe indurti a bloccare ogni pensiero e invece…in ogni caso ho fatto bene, la mia produzione marmellatosa quest’anno è di prima qualità, ho quasi riempito il ripiano in garage, sono quasi soddisfatta…
La cosa ridicola è che la sera prima di imbattermi in questa marmellata, avevo promesso a Nico che non avrei più fatto marmellate quest’anno, ho lavorato tanta di quella frutta!Però non ho potuto esimermi quando ho riempito un cestino con un 4/5 kg di pesche del giardino dei miei genitori, pesche profumate e mature, se devo essere sincera mi spiaceva un po’ anche regalarle, anche se poi per disperazione ne ho regalate un po’ alla vicina.
In ogni caso questa volta non ho passato la frutta l’ho lasciata a tocchetti piccoli, immaginando che si ammorbidissero un pochino durante la cottura e che creassero una consistenza granulosa.
Visto che proprio non riesco a essere lineare nelle mie scelte non volevo fare una marmellata normale, insomma ho cominciato quella normale, ne ho fatta un kg solo di pesche ma poi mi è venuta l’ideona, aggiungiamo una spezia, la scelta è abbastanza scontata, la cannella mi piace un sacco e la metto ovunque, pure nei piatti salati, per cui.
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Le dosi sono:
1kg di frutta a tocchetti piccoli;
500 g di zucchero;
1/2 succo di limone;
1 busta di fruttapeck 2:1 ;
4 g di cannella in polvere.
Dopo aver pelato, sminuzzato e pesato le pesche aggiungerle nella pentola a bordi alti, versare lo zucchero, la cannella e il fruttapek, mescolare e accendere il fuoco, le mie pesche erano parecchio umide per cui a bollore ho cotto per 5 minuti invece dei tre.
Invasare, per la sterilizzazione dei  vasetti guarda qui.

martedì 16 agosto 2011

Fenestrelle, la Fortezza…3996 gradini!

Siamo in Piemonte, Val Chisone, una delle due valli olimpiche del 2006.
Sono orgogliosamente ritornata in questa fortezza per farla visitare a due amici fiorentini, come per la prima volta abbiamo trovato una giornata bellissima e la stessa guida, Luca.
Ci sono un paio di premesse prima di parlare di questo meraviglioso posto, in primis questo esiste come lo conosciamo noi o come lo vedrete voi grazie a chi l’ha costruito e chi ora lo sta visitando,infatti attraverso le visite si finanzia l’azione della Associazione progetto San Carlo Forte di Fenestrelle Onlus responsabile del restauro e di tutte quelle attività che si svolgono in esso, mostre, visite e quant’altro.
Voi sapete la differenza tra Forte e Fortezza? Io non mi son mai posta il problema sinchè non ne ho visitata una, Exilles (Val Susa) è un Forte, Fenestrelle (Val Chisone) Fortezza, capirete senza che io mi dilunghi ora la differenza tra l’una e l’altra.
Per capire le dimensioni della Fortezza di Fenestrelle bisogna capire a cosa servisse, in Piemonte il nemico per antonomasia son sempre stati i Francesi, se si pensa che la Savoia ora è in Francia e che Nizza è stata merce di scambio per render possibile l’unità d’Italia capirete bene il peso delle mie parole.
La fortezza è situata presso l’omonima Città di Fenestrelle, posso dirvi che questa città è davvero a misura di uomo visto che è poco più di un paese e nemmeno molto popolato, però nonostante questo ha la circonvallazione, la strada non passa nel centro del paese (questa è l’accezione che useremmo tutti per definire questo posto) in cui invece c’è una stradina piccina picciò, una vera cittadina di montagna direi.
Mi piace sapere che la seconda muraglia al mondo per lunghezza è in Piemonte e nessuno lo sa, certo non è lunga nemmeno 1/3 della muraglia cinese (6350km) però comunque al mondo siamo i secondi con i nostri 3 km, per di più costruiti su un dislivello di 600m.
Infatti qui si parla di fortezza perchè i forti contenuti in essa sono tre, il Forte San Carlo all’ingresso basso, il Forte Tre Denti, in mezzo ai due, e il Forte delle Valli nell’ingresso alto, il primo ad esser stato costruito è quello alto, perchè in questa Fortezza l’unica cosa di scavato sono le fondamenta, tutto il resto è stato portato, sagomato e murato qui con roccia del luogo, forse può sembrarvi poco ma dovete tener conto che questi tre forti sono collegati tra loro da delle mura e sono percorsi da due diverse scale, una coperta 3996 gradini e una scoperta 2500 gradini, inoltre, vi sono 7 ridotte e 28 risalti, un’opera titanica sia nelle cifre sia dal vivo, ve lo posso assicurare.
Attraverso Luca, la nostra guida volontaria, abbiamo percorso tutti i forti, visitando molto di essi, ma capite bene che se in qualche ora si può vedere un forte in una giornata è difficile visitarne tre, oltretutto essendo a 6oo m di dislivello.
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Quello che vedete è la vista dalla Polveriera su il Forte San Carlo.
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Purtroppo Luca durante questa visita non ha spiegato cosa fosse questo “coso” e non ci siamo soffermati nemmeno nella Polveriera,un posto affascinate dove nulla, dico nulla è lasciato al caso, questa particolare costruzione è in realtà dove i soldati svuotavano i propri moschetti, un’operazione delicata ma necessaria per riporre in sicurezza le armi, dovete pensare che il Forte delle Valli (il più alto) l’hanno cominciato a costruire nel 1728 e gli ultimi lavori al nella Piazza del Governatore, davanti al Forte San Carlo sono stati ultimati nel 1850. La fortuna per noi è quella che in questo posto non vi è mai stata una guerra, per cui il forte è rimasto pressoché intatto, hanno fatto più danni l’abbandono e il furto, infatti come in ogni forte che si rispetti mancano i vetri (pochi) il legno, tutto il ferro che sono riusciti a portar via, i pavimenti dove erano belli e tutto quello che poteva servire, una sorta di supermercato del bricolage a cielo aperto.Si sono fermati solo su alcune grate, perchè erano in ferro pieno e non sono riusciti a segarle.
Bando alle ciance, la nostra visita prevede una salita e noi cominciamo a farla fuori dai forti, salendo piano piano sull’erba, poi però ci addentriamo nel vivo e finalmente arriviamo alla scala coperta
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come ho spiegato prima quest’opera titanica prevedeva due tipi di scale, una coperta e una reale, quella coperta è moto più faticosa e corre dentro le mura, è faticosa perchè non è pensata per gli uomini ma per i muli, che qui, nella Fortezza erano più importanti per gli uomini, per cui la scala ha il passo per gli zoccoli e la larghezza di due muli, l’esempio che fa Luca per immaginare meglio la situazione è quella del metrò, carichi il mulo e il mulo sale, sa dove deve andare,dove si deve o può fermare, ci sono poi dei posti in cui i soldati possono scaricare o caricare l’animale per consentire il traffico di merci, questi muli (incrocio tra cavalla e asino, quindi sterili) erano talmente importanti che le loro stalle erano le più lontane dal lato francese,a sud, mentre le camerate dei soldati erano dalla parte del versante francese a nord e fidatevi di me, se fa freddo in estate tanto da doverti portare un pile per visitare i forti dentro, in inverno andare a –30 °C è un attimo, solo che nell’epoca in cui la Fortezza è stata costruita e vissuta non c’erano i pile ma la lana cotta che, sarà pure calda, ma quando si inzuppa è come viaggiare con un ghiacciolo addosso.
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Ecco la scala scoperta, non ho pensato di fare una foto dove era pulita dalle erbacce, capite bene che pulire 2500 gradini è praticamente un’utopia, quando hai finito in basso devi ricominciare dall’alto e la situazione è questa quando ricominci a pulire.
artemisia absinthium, assenzio

Ed ora vi presento l’Artemisia absintium, ossia l’assenzio, liquido verdognolo che tutti ricordano per l’Amleto di Shakespeare, infatti un consumo smodato di questo liquore porta alla pazzia, ma bisogna anche ricordare le sue qualità terapeutiche: è un tonico e stimola le funzioni gastriche.
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Questo invece è il Berberis Vulgaris, ossia il crespino, pianta interessante direi è quasi totalmente velenosa, tranne le bacche, ricche di vitamina C anche questa pianta trova il suo utilizzo: è un emostatico, un febbrifugo ed è un tonico, insomma velenoso ma con molti risvolti favorevoli.
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Quest’ultimo è il Forte delle Valli, è in una posizione meravigliosa, è costruito sullo spartiacque del la Val Susa e della Val Chisone , guarda la testa delle due valli, in direzione francese ed anche Pinerolo, una posizione strategica molto importante.
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Questo è il portone di ingresso di questo Forte a cui arriva comodamente una strada asfaltata, si può scendere in val Susa da qui, dal lato valsusino infatti ogni anno si tiene una rassegna bella a vedersi, la riproduzione della battaglia dell’Assietta in cui i Piemontesi e non solo, combatterono i Francesi e da cui ha origine il detto Bugia nen (che in italiano equivale a dire, stai fermo). 20000 i francesi e 5000 gli “italiani” chi vinse???
Vi racconto in breve questa piccola battaglia:
I francesi si mossero verso gli “italiani” (scusate le virgolette ma ai tempi non esistevamo come popolo e l’esercito in quel frangente era costituito anche da austriaci nostri alleati) dal basso della valle all’ Assietta , 2000 m , l’esercito nostrano sapeva di essere in forte svantaggio numerico, per cui si misero a costruite un muro alto un metro e venti e largo uno e aspettò, impaurito dalla massa dell’esercito francese,però quando questo attaccò, si trovò di fronte un ostacolo non banale, correre in salita coi moschetti non è così semplice, poi a quella quota, ovviamente l’esercito “italiano” aveva paura ma da qualcuno è partì l’ordine “bugia nen” non ti muovere in sostanza, per cui nel ns esercitò girarono queste due parole che diedero coraggio da un lato e, soprattutto fu vissuto come un ordine, cosicché tutti fermi dietro al muro aspettarono di avere sotto tiro i francesi (le ns armi erano un po’ limitate) finché la fortuna volle che il comandante francese decise di partire lui stesso all’attacco, vestito bello colorato, giallo e nero verso l’avversario, lo ammazzarono…e che cosa si aspettava un banchetto? Sta di fatto che l’esercito francese, privo del comandate e con diverse migliaia di morti si ritirò e noi vincemmo, il detto a noi piemontesi è rimasto cucito addosso ma, devo esser sincera, sono orgogliosa.
Vi lascio con una pianta protetta, qui sembra coltivata in una fioriera, si tratta di Saxifraga stellaris, adora stare in quota e i terreni poveri, qui ha entrambe le cose.
Saxifraga stellaris

Spero di avervi incuriosito e che il giro vi sia piaciuto, Luca è una bravissima guida, molto preparata, qui ho descritto poco di quel che lui ha detto, tenete conto che la gita su per la Fortezza parte alle 9 e termina alle 18, lui è un gran chiacchierone e parla per gran parte del tempo.
Alla prossima!

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